giovedì 29 gennaio 2009

Lo Scarabocchio di Google


Ieri mattina come al solito sono sceso dal letto molto presto e - superata la prima fase di acclimatamento alla vita in verticale - mi sono messo davanti al Mac. Dopo una rapida sbirciata alle notizie sono subito andato su Google per effettuare una ricerca e ho sgranato gli occhi. OK, non è una novità: a volte la testatina con il logo del motore di ricerca viene personalizzata in funzione di ricorrenze particolari ma ieri mi sembrava di avere problemi alla vista. Una volta superato il primo impatto una vocina dentro di me ha mormorato Pollock, Jackson Pollock!; ho subito riconosciuto il tratto caratteristico dei suoi "scarabocchi"e di colpo, oltre al concetto di action painting, sono riaffiorati una serie di ricordi che stazionavano nel limbo della mia mente.
Quando avevo più o meno diciotto anni ero convinto che Jackson Pollok fosse nero (anzi qui dovrei dire 'negro'): tutta colpa di Patti Smith, la grande cantante-potessa che ai tempi adoravo e che nella sua "Rock'n'roll Nigger" sancisce (al minuto 3:24) che: "Jackson Pollock was a nigger"! Furono gli insegnamenti universitari a decolorare correttamente la mia immagine dell'artista fino a riportarlo al suo colore naturale.
Ora, dopo tanti anni, riesco a capire Patti Smith e la sua canzone. Lei non parlava della pelle di Pollock (non ho resistito) ma della sua anima, del suo spirito creativo e della sua capacità di dissociarsi dal coro delle menti. Non a caso lo cita con Jimi Hendrix e a un altro grande rivoluzionario: Gesù Cristo (che viste le sue origini probabilmente aveva per davvero la pelle scura). 

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